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27 giugno 2007, ore 4.30 del mattino. Silenzio assoluto. Tutti dormono, non ci sono auto in giro, sento solo il rumore dei miei passi. Sono in strada, e immerso nella semioscurità sto andando verso la casa di un mio amico, da dove poi ci dirigeremo verso la stazione. E intanto ripenso a come solo due giorni prima non avrei mai pensato di fare una cosa del genere. Avevo ricevuto il 26 giugno la telefonata dell'amico, che mi implorava di andare a vedere con lui "quel" concerto. E avevo solo poche ore per decidere: si o no, una giornata di fatica e attesa con un gran finale in musica o una normale come tutte le altre. Alla fine avevo scelto la prima (ringrazierò all'infinito rotolina per avermi convinto!!! Grazieeee :D ). Il grande concerto di Vasco Rossi in un'Olimpico tutto esaurito mi aspettava. E continuo a pensare a questo e a ciò che mi aspetta anche quando salgo sul treno, direzione Roma. Due ore di viaggio. Poi metropolitana e pullman... ed eccolo, l'Olimpico! Circondato da decine e decine di venditori di fantomatici "gadget ufficiali" e di gente alla ricerca del biglietto, disposta a comprarlo a caro prezzo. Cerchiamo l'entrata per il prato... ed ecco la prima sorpresa. Sono le 9 di mattina e davanti ai cancelli c'è già una marea di gente! Incontriamo amici locali, troviamo un posticino in mezzo alla folla e comincia la lunghissima attesa. "Almeno siamo seduti, è nuvoloso, non fa caldo" penso. Pochi minuti e arriva il tipo dello staff di Vasco vicino ai cancelli per controllare che siano ben chiusi: tutti scattiamo in piedi e ci affolliamo vicino all'entrata pensando che stiano per aprirli... qui finisce la pace. Data la ressa tornare a sedersi è impossibile, dobbiamo rimanere per ore in piedi, e intanto il sole comincia a scottare. Sono ancora le 10.00. Il tempo passa lento, l'apertura dei cancelli è alle 15.30 ma a mezzogiorno già cominciamo a non farcela più, qualcuno si sente male, e mentre c'è chi intona un inno a Vasco, molti altri lanciano insulti allo staff chiedendo un'apertura anticipata. Passano l'una, le due del pomeriggio, alle 15.30 in punto il caldo è pazzesco e la folla dietro di noi è già oceanica. Da dietro partono pericolosi lanci di bottiglie, qualche piccola rissa subito sedata, davanti qualche tentativo di sfondare i cancelli. In effetti gli animi sono fin troppo caldi, e mi accorgo che la situazione col passare del tempo comincia a diventare sempre più percolosa. L’attesa continua. Finalmente, ben un'ora dopo l'orario previsto (alle 16.30), un tipo da dentro lo stadio si avvicina alle piccole porte degli ingressi e... le apre. Guerra. Guerra totale. Spintoni, pressione pazzesca da tutti i lati, qualcuno rischia di finire contro le inferriate, qualcun altro viene buttato a terra, io personalmente evito per poco di finire contro i cancelli e devo opporre resistenza all'incredile spinta da dietro... e non so come sono dentro. Vengo a sapere che un'amica è svenuta (fortunatamente cosa momentanea), gli altri amici ce l'hanno fatta (ma ci sono feriti tra il resto del pubblico). Superiamo i tornelli e finalmente siamo sul prato dell'enorme Olimpico, che vedo dal vivo per la prima volta. Non so come, ma riusciamo anche ad ottenere i pass per la "gabbia", la zona riservata più vicina al palco. In pratica alla fine sono lì, in seconda fila, a soli due metri dal gigantesco palco, fatto di 11 maxischermi, centinaia di fari, impalcature altissime. Il sogno sta per realizzarsi. Sono stanco, stanchissimo, ma davanti a 100000 persone, di fronte al punto dove canterà Vasco. E mentre lo stadio si riempie, cominciano le esibizioni del pre-show. Salgono sul palco i "Frontiera", un gruppo che non avevo mai sentito nominare, ma con una grande energia e un cantante davvero bravo. Cantano e suonano 4 o 5 ottimi brani, ma è subito evidente che cantare prima di un concerto di Vasco non è cosa facile. Al termine di ogni brano, infatti, gli applausi sono pochissimi e timidi, e da dietro partono commenti denigratori (tipo "copiate Vasco come fa Ligabue" -.- ) urlati al punto da poter essere sentiti anche da loro, cosa che non meritano affatto. Se ne vanno ringraziando tutti (non so con quale coraggio), lasciando il posto a un Fabrizio Moro leggermente teso, accolto da qualche applauso in più. Comincia subito con 2-3 brani, tutti con testi interessanti e impegnati, a cui lui dà tutta la sua voce, per poi concludere con "Pensa". Ma anche per lui arrivano commenti urlati, che cominciano a prendere la forma di sfottò contro chiunque non sia Vasco, e ciò non mi appare per niente bello. Comunque Fabrizio ne esce meglio, visibilmente onorato di cantare prima di Vasco. L'attesa cresce, sono le 18.30, è il momento dell'ingresso sul palco di Davide Rossi, figlio di Vasco e dj. Intrattiene con un mix di musica per una mezz'ora, ma non mi piace molto e non esalta... gli applausi aumentano comunque, chissà perchè! ... Sono le 20.00... il sole finalmente ora è dietro gli spalti e non dà più fastidio, si accendono i fari dell'Olimpico, lo stadio ora è pieno, la tribuna e le curve sono uno spettacolo di gente, di luci, di striscioni, partono cori da stadio, si sentono trombette, qualcuno accende fumogeni... roba da finale di Champions League! Ed ecco... le 21.00, forse le 21.30, non si sa, fatto sta che all'improvviso si spegne tutto, fermano la musica di sottofondo, il palco si riempie di fumo... e passano istanti magici, di gioia... Vasco sta per entrare e tutti insieme lo acclamiamo... uno stadio tutto per lui... passa qualche minuto al buio, poi entrano bassista, chitarristi, tastierista, batterista... i cori aumentano, si sentono urla di gioia... cominciano a suonare qualcosa, poi finalmente attaccano il primo brano: Basta Poco. Tutti cominciano a cantarlo, e una voce si sente più di tutte. E' lui, Vasco, che sale sul palco, tra le urla impazzite e le esultanze di migliaia di fans. L'emozione è grande, si sente l'intero stadio trascinato dal ritmo della musica e da lui. Non si può fare a meno che cantare a squarciagola in una serata quanto mai magica. E la serata prosegue... tra "Voglio andare a mare", "La compagnia" e la recente "Buoni o cattivi" lo stadio si infiamma, si fa la ola, si balla, trascinati dall'euforia, in una totale condivisione di emozioni. Poi è il momento di "Anima fragile", "Siamo soli", "Un senso", canzoni che la meravigliosa scenografia, le luci e i maxischermi contribuiscono a rendere ancora più d'effetto. Dopo un medley di vari brani e una pausa si riprende con canzoni quali "Come stai", "Sally", "C'è chi dice no", "Gli spari sopra"...il ritmo sale, l'euforia pure, e un po' trascinato dalla canzone, un po' per divertimento qualcuno si diverte a spingere da un lato, con la conseguente risposta forzata in un continuo e pericoloso ondeggiare... che per fortuna è terminato senza conseguenze e si può aggiungere agli episodi divertenti... si continua ancora con "Siamo solo noi", "Rewind", "Ciao"... e dopo un suo ringraziamento a Roma, al pubblico, ai fans, si comincia a intravedere il termine di un evento impossibile da dimenticare. E' il momento di "Bollicine", di "Vivere", di "Stupido Hotel", degli applausi alla band (con un'ovazione ai chitarristi Maurizio Solieri e Stef Burns)... è arrivato il momento clou: tutto l'Olimpico insieme a Vasco, come in un sogno, con accendini e cellulari accesi a fare luce in una magica notte, a cantare "Vita spericolata" e "Albachiara". Cinque minuti di sogni che volano nell'aria sulle note delle canzoni, poi un'ovazione interminabile per lui, il Blasco, quasi in un tentativo di colmare il senso di vuoto che si crea alla fine di un concerto come questo. Una standing ovation per un mito della musica, che intanto, visibilmente emozionato, esce dal palco salutando il suo pubblico. Finisce così una serata magnifica, quel che avviene dopo non conta. Un evento del genere si vive solo una volta. Quel che rimane sono i ricordi, ricordi di istanti, di emozioni vissute in quei momenti, ricordi incancellabili. I sogni di una serata che non si può ripetere. Rimane anche qualcosa di materiale: le foto, i video. Quelli che ho fatto li inserirò nei prossimi giorni nella mia scheda, per poter condividere qualcosa, almeno una piccola parte, del sogno.
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