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Oggi la giornata si è aperta in modo strano. Il cielo è coperto. Le persone che hanno iniziato la vacanza ieri, stamattina hanno sfidato la presenza di un velo minaccioso e hanno occupato ugualmente la spiaggia. Il caldo è quello umido delle notti da zanzare e giravolte in un letto che sembra una fornace. Guardo i volti sfatti dei passanti, alcuni che tamponano la propria fronte con un fazzoletto, altri, come una figura vista oltre una fiamma, sbuffano dentro le loro camicie stirate trascinando oltre al passo, la valigetta del tipico “uomo d’affari”, forse pensando alle ormai prossime vacanze o a quelle appena finite. Osservo tutto questo dalla mia postazione lavorativa, perfettamente a mio agio in mezzo all’aria condizionata. Le porte rigorosamente chiuse, la pelle asciutta e nessuna espressione da candela di cera mezza sciolta. Guardando quel che succede all’esterno mi sono fatta una vaga idea di quello che mi sta aspettando chiudendo il negozio per la pausa pranzo. Forse spegnerò un po’ prima il condizionatore, giusto per non avere l’impatto della calura appiccicaticcia che, come carta moschicida, attende paziente di aderire su lembi di pelle scoperti, ambrati e non, senza distinzione alcuna. E’ strano come mi sia rimasta la “solidarietà” per i turisti quando capitano giornate “mezze e mezze” come quella di oggi. Una settimana di vacanza vola. Se all’interno di essa capitano un paio di giornate così non è il massimo. Questa cosa l’ho sempre pensata, forse perché quando ero piccola vedevo i volti tristi dei bambini che non potevano fare il bagno a causa del “mare grosso”, i genitori che si lamentavano, come se fosse colpa di questo piccolo centro turistico se al mattino si svegliavano con il cielo grigio. Volevo che tutto fosse perfetto. Noi, piccolo comitato di benvenuto, volevamo che per le persone stressate da un anno lavorativo nelle grandi città, fosse la “vacanza indimenticabile”. In realtà bastava ben poco. Sette giorni di sole e tanta tanta musica, ovviamente quella dell’estate… quella del Festivalbar, quella che al rientro dalle vacanze forse avrebbe fatto ricordare ai ragazzi e alle ragazze della mia età, quella parte delle ferie che eravamo noi “gente di mare” che si restava qui fissando la spiaggia deserta ascoltando per l’ennesima volta quelli che erano stati i successi estivi dell’anno in corso. Non c’era internet per me, non c’era l’infatuazione per il cantante o per il batterista… c’erano tante canzoni, tutte colonne sonore della nostra estate, anche quella meno carina in qualche modo riusciva a diventare importante, e veniva collocata esattamente in quel cassetto dei ricordi di un istante particolare… tanti fotogrammi provvisti di audio musicale. Era un continuo associare alle persone conosciute, un continuo ripensare a determinate situazioni e, inevitabilmente, alla finale di Verona a settembre, Sonia (la mia amica da sempre) e io, eravamo in prima fila in salotto a guardare il susseguirsi sul palco dei cantanti che avevano il nostro rispetto unicamente per essere stati interpreti di brani musicali che ci avevano accompagnato nelle nostre scorribande estive. Accipicchia erano canzoni che sapevano davvero di sole, di salsedine e che sono rimaste tutt’oggi sulla punta della lingua a molti ragazzi, anche a quelli più giovani di me… forse perché le canzoni del festivalbar da sempre hanno avuto un compito importante, quello di accompagnare l’estate delle persone, di essere spettatrici di baci rubati in riva al mare o di una partita a beach volley o a ruba bandiera. Per esempio chi non ricorda Luca Carboni con “Mare mare”? Penso fosse stata anche canzone vincitrice e io ero davvero adolescente, avevo circa l’età di molte persone che frequentano oggi il sito del festivalbar e che si strappano i capelli per le boy band del momento confondendo sogni con amore e spendendo sguardi persi con occhioni a cuore per uno sguardo estraneo ammirato al di la di un monitor, nel migliore dei casi con una carezza data alla pagina di una rivista o un bacio alla carta di un poster in cameretta… non che ci sia qualcosa di male però è tutto diverso accipicchia, difficile per me vedere tutto questo senza pensare a quei ragazzi coetanei delle adolescenti di oggi, che sempre di più proseguono per la propria strada alzando le spalle e accontentandosi di fare una risata tra amici spostando rapidamente lo sguardo dal gruppetto di ragazze che cantano a squarciagola parole di una canzone che è diventata tormentone delle mura domestiche, di una canzone che mai sarà testimone di baci rubati a labbra salate… una canzone cieca e sorda… una canzone che mai verrà associata a una ragazza o un ragazzo che da due città diverse ricordano gli occhi della persona che sta fissando lo stesso cielo ma a km di distanza mentre le note discrete al chiosco dei gelati suonavano proprio per loro… il festivalbar non credo sia cambiato, penso siano cambiate le ragazze e i ragazzi di quella che tantissimi anni fa era la mia età… lontana e irraggiungibile se non quando per caso ascolto le note di un vecchio successo estivo, che immediatamente associo a una situazione particolare…. È bello sognare uno sguardo rivolto a voi da un cantante, ma credetemi, è ancora più bello ricordare un’estate meravigliosa piena di risate riascoltando una canzone. Buona musica, buon agosto… ogni tanto sorridete anche ai vostri coetanei… gli anni passano e non mandateli a casa con l’odio per una canzone, fate amare anche a loro la musica del festivalbar con un buon ricordo delle vacanze ;-).
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