CASINO ROYALE: L'INTERVISTA
Dal vivo, suonano sempre volentieri. “Il nostro sogno? Poter un giorno riempire locali più grandi. Siamo una band con un buon seguito, ma che può permettersi per ora di suonare solo nei club”, spiega Alioscia, voce storica dei Casino Royale, tornati nel 2006 con un nuovo disco, “Reale”, dopo nove anni di stop e una carriera che, dalla fine degli anni ’80, li ha consacrati come una delle prime band italiane di successo alle prese con sonorità ska rock ed elettroniche. A qualche mese dall’ultima esibizione in città e con un nuovo cd nei negozi intitolato “Not in the face”, con versioni di brani già pubblicati rivisti dal mago della consolle Howie B, collaboratore tra gli altri di U2, Björk e Soul II Soul, in questi giorni i Casino Royale stanno portando in giro un nuovo tour: una serie di concerti intitolati “Royale'sRockersReggaeSession” con il meglio del loro repertorio rifatto in chiave reggae. Ecco la nostra intervista.
Alioscia, come mai questa idea?
“Era un progetto che volevamo portare dal vivo da tempo. Siamo tutti cresciuti ascoltando reggae. Ancora oggi, quando ci capita di scrivere nuove canzoni, finisce che quando dobbiamo abbozzare un pezzo lo facciamo seguendo i ritmi di questo genere. Ci piace e ci fa sentire a nostro agio. Così, abbiamo deciso di fare un breve tour suonando canzoni da "Reale", ma anche da dischi del passato come "CRX", solo nello stile del reggae anni ’60 e ‘70”.
Questo tour c’entra in qualche modo con il vostro ultimo cd di remix?
“No, assolutamente. L'ultimo cd è un lavoro che abbiamo deciso di fare perché ce lo ha chiesto Howie B, con il quale abbiamo lavorato per la prima volta a Londra durante le registrazioni di “Reale”. Howie, che abbiamo conosciuto anni fa aprendo un concerto degli U2, è un vero amico. E a noi piace cambiare spesso. Così, abbiamo accettato la sua idea di pubblicare un disco con versioni inedite di nostri brani remixate in chiave dub”.
Sino al '97, nella prima formazione del gruppo militava anche Giuliano Palma, oggi voce dei Bluebeaters. Poi lui se ne andò e i Casino Royale decisero di fermarsi per un po’ di anni. Come mai?
“Giuliano a un certo punto cominciò ad aver voglia di fare altro. Forse si sentiva attratto da qualcosa di più facile da far ascoltare, rispetto ai nostri standard dell’epoca. Il nostro gruppo è comunque sempre stato un collettivo aperto. E piuttosto che provare a resistere alla routine o cedere alle richieste delle case discografiche che chiedevano musica più vendibile, pensammo che fosse meglio dedicarci a vari progetti solisti o alternativi”.
Negli anni ’80, eravate già in pista. Oggi sono tornati molto in voga. Hai dei bei ricordi dell’epoca?
“All’epoca, io e gli altri frequentavamo molto i centri sociali cittadini, dove si poteva ascoltare in anteprima musica alternativa. E’ questo il ricordo migliore che ho: quello di serate trascorse magari al Leoncavallo, ascoltando deejay set e reggae. C’era molta energia e si ascoltava musica bellissima”.
Che ne pensa oggi della scena hip hop italiana?
“Mi piace l’hip hop e ascolto anche gruppi di Milano come i Club Dogo. Ma il gruppo che al momento preferisco si chiama Co’Sang: sono di Napoli e suonano hip hop come pochi”.
(28 gennaio 2008)
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