EQU: L'INTERVISTA

"Mi piace Cecilia loquace/ Se tace, mi piace di più". Per il tormentone, ha già tutte le carte in regola. Nel senso che si tratta di una canzone pop e niente più, ma ben fatta e così orecchiabile che ci si può già scommettere sopra qualcosa. E se non fosse che a scriverla e a suonarla sono sei ragazzi esordienti (ma la freschezza delle idee non viene proprio dalla giovane età?) si potrebbe persino pensare che a scriverla sia stato qualcun altro.
Invece, gli autori di "Cecilia", la canzone di cui sopra, sono proprio loro, gli Equ, sei giovani musicisti (Gabriele, Vanni, Alessandro, Tommaso, Roberto e Daniele) originari di un paesino in provincia di Forlì: solo cinquemila anime e una vita scandita al rallentatore.
Loro però non si sono dati per vinti e della passione per la musica ne hanno fatto un lavoro.
L'anno scorso hanno partecipato al festival di Sanremo e la canzone che presentarono, L'Idea, addirittura venne poi usata come sottofondo per la cena degli astronauti a bordo della navicella spaziale russa Soyouz, concretizzando così anche la possibilità per la band di registrare il primo album omonimo, in uscita il prossimo 24 gennaio, poco prima del ritorno del gruppo a Sanremo...


Decisamente un buon anno allora il 2005…

"Sicuramente, l'esperienza di Sanremo, la possibilità di registrare le nostre canzoni, canzoni che avevamo già scritto durante gli anni e poi la possibilità di fare sempre concerti, che sono la cosa che a noi piace di più per il contatto con il pubblico. E ancora i complimenti, qualcuno ha persino paragonato la nostra musica a quella dei Genesis, e direi che è proprio un ottimo incoraggiamento. Tutto ha fatto insomma del 2005 un anno pieno di soddisfazioni".


Un anno che è finito con un album, il vostro primo album, uscito stranamente anche molto tempo dopo la vostra prima partecipazione a Sanremo. Come mai?


"Potevamo già farlo uscire ad aprile dell'anno scorso, sfruttando la visibilità del festival. Ma se l'avessimo fatto, non saremmo stati soddisfatti del nostro lavoro. La musica richiede tempo. Noi in particolare registriamo sovrapponendo idee, lasciando che la musica cresca attraverso il lavoro di gruppo. Così, abbiamo fatto il possibile per far slittare la date di uscita e toglierci la soddisfazione di essere orgogliosi di ciò che abbiamo scritto, composto e riarrangiato per le tredici canzoni del nostro nuovo album".


Come componete, visto che avete parlato di metodi particolari?


"Niente di strano, semplicemente Gabriele (voce del gruppo) scrive prima i testi e noi ci occupiamo di musicarli. Non è una regola fissa, ma spesso funziona così. E' un modo come un altro per trovare la giusta ispirazione".


Le vostre canzoni suonano particolarmente felici e anche i generi rintracciabili negli arrangiamenti sono diversi: funk, pop, rock, progressive. Quali sono i vostri autori preferiti?


"Abbiamo parecchi gusti diversi. Ci piacciono i cantautori. Gabriele in particolare ama ascoltare Samuele Bersani, Francesco De Gregori, Fabrizio De André. Anche Vasco ci piace, perché sa essere molto diretto nei testi. Ma ascoltiamo anche molta musica rock e post rock, di oggi e di ieri: dai Beatles, ai Sigur Ros, agli Spoon, agli Area. Ci piace comunque non porci mai limiti. A volte è addirittura la musica classica a influenzare le nostre canzoni".


Quanto ha influito la partecipazione a Sanremo nella vostra carriera?


"Indubbiamente tanto. E' stato un colpo, non pensavamo affatto di essere scelti. Così ci siamo concentrati solo sulla canzone che dovevamo portare al festival, "L'Idea". Indipendentemente da quello, che comunque ci ha dato molta visibilità, noi preferiamo continuare sulla nostra strada, cercando soprattutto di fare buona musica e mantenere un buon rapporto con chi viene ai nostri concerti".


Come vi ponete solitamente durante i concerti?


"Non cerchiamo a tutti i costi il contatto con il pubblico. Piuttosto, lasciamo che siano le emozioni a unire noi e gli spettatori. Non ci consideriamo solo un band. Non ci piace pensare che una volta attaccata una chitarra all'amplificatore il gioco sia fatto. In questo senso siamo molto meno rock di quanto si possa immaginare".



Quale consiglio dareste ai giovani che come voi cercano di fare musica con successo?


"Prima cosa in assoluto, essere se stessi. I compromessi alla lunga si pagano. E' quello che cercavamo di spiegare prima parlando dei nostri concerti. Se suoni con passione e fai buona musica è dal vivo che senti che ciò che hai fatto funziona. In caso contrario, poi anche trovare delle soluzioni alternative e arrivare prima a fare un disco, ma inevitabilmente, prima o poi, ciò che sei viene fuori".


(m.l.)

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