FABRI FIBRA: TOUR E INTERVISTA

Eccolo il nuovo che avanza. Il nuovo moto dell'hip hop italiano che porta il nome di Fabri Fabri: 80mila copie vendute dell'ultimo disco Tormento e una tournée che sino a dicembre (anche se alcune date al Sud sono ancora definire) lo porterà a esibirsi nelle maggiori città d'Italia.



Intanto, noi abbiamo incontrato il rapper di Senigallia, che per l'occasione ci ha svelato alcuni aneddoti su di lui.



Fabri Fibra, questa è il tuo primo vero tour dopo l'exploit di Tormento...


"Sì, e proprio ieri, pensandoci, mi sono ricordato di quando suonavo per poche lire nei centri sociali. Una volta, a Bolzano, ne aprirono persino uno per un mio concerto: un posto orrendo. Una stanza di pochi metri quadri, piena di materassi, su cui poi, finito il concerto, abbiamo pure dormito. Ci sono state volte in cui era più difficile trovare la sala dove si doveva suonare che fare il concerto. In quei casi, alla fine, per tirarmi su, mi dicevo: non ti arrendere, vai avanti, in qualche modo servirà".



E in qualche modo è servito davvero.


"Faccio quello che ho sempre sognato. A scuola riempivo interi diari: rime, poesie, pensieri. Sono sempre stato una persona comunicativa. Così, a un certo punto ho deciso di cominciare a scrivere canzoni. In casa, non potevo parlare, perché i miei genitori erano separati: così se davo confidenza a uno, l'altro si arrabbiava. Scrivendo testi e rime rap, però, riuscivo a sfogarmi lo stesso. Diventare un rapper, a quel punto, era una questione di vita o di morte. Tanta era la mia voglia di comunicare che se non avessi scoperto il rap, comunque, mi sarei comunque dato da fare per diventare uno scrittore o uno sceneggiatore".



Cosa pensi di chi t'accusa di essere troppo cinico nei tuoi testi?


"In Italia siamo abituati ai compromessi, al politically correct. Io dico solo quello che penso e che anche gli altri pensano, almeno per quanto riguarda i giovani. I miei testi, le mie idee nascono parlando proprio con loro. Ce ne sono tantissimi che mi fermano e mi dicono: grazie a te, i miei genitori hanno capito. E poi, io non avevo niente da perdere. Prima di diventare famoso, per quattro anni ho venduto saponette. Quando ho deciso di licenziarmi, mi sono detto: devo fare qualcosa di diverso, dire davvero quello che penso, altrimenti tanto vale rimanere dove sono".

(11 ottobre 2006)

 
 
 
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