NEFFA: L'INTERVISTA
Per certi versi, sono quelli come lui ad aver dato ossigeno alla musica italiana. Giovanni Pellino, in arte Neffa, è uno che da più di vent’anni riesce scrivere bella musica passando da un genere all’altro. Verso la fine degli anni Ottanta ha debuttato come batterista hardcore con i Negazione. All’inizio dei Novanta, si è gettato a capofitto nell’hip hop dando vita a due dei migliori gruppi di allora, i Sangue Misto e i Messaggeri della Dopa, quando ancora parlare di hip hop in Italia era quasi uno scherzo.
Con l’arrivo del Duemila, ha affrontato il nuovo millennio come solista, conquistando il pubblico con “La mia signorina” e salendo sul palco di Sanremo con “Le ore piccole”. Il suo ultimo lavoro, terzo disco da one man band e in parte ritorno alle sonorità black di una decina di anni fa, si intitola Alla fine della notte e da qualche settimana Neffa lo sta presentando in tour nei club d'Italia. Ma il motivo per cui in questi giorni è tornato ancora una volta sulla bocca di tutti è dovuto a “Passione”, la canzone scritta apposta per il finale di Saturno contro, il bel film di Ferzan Ozpetek con il quale Neffa ha collaborato per la colonna sonora.
Neffa, com’è nata la sua collaborazione con Ozpetek?
“Un giorno mi ha chiamato la mia casa discografica dicendomi che Ferzan mi voleva conoscere. Era l’ultima cosa che mi potevo immaginare. Lo conoscevo giusto di nome, non avevo neanche mai visto un suo film. Quando ci siamo incontrati, gli ho chiesto: “perché io?” Lui mi ha spiegato che una volta, proprio mentre litigava al telefono per il film, ha visto passare in televisione il video di “Il mondo nuovo”, il singolo del mio ultimo disco. Gli è piaciuto così tanto, che ha deciso all’istante di scegliere me”.
Dopo tanti cambiamenti, scrivere una canzone per un film le mancava. Quale sarà la sua prossima mossa?
“Quello che ho già deciso è che con il prossimo disco tornerò a farmi chiamare con il mio nome e cognome di battesimo. Ho quasi quarant’anni (è nato il 7 ottobre del ’67 a Scafati, in provincia di Salerno, ndr) e sono un po’ troppo cresciuto per tenermi un nome d’arte che assomiglia a quello di una merendina. Quando i miei colleghi mi diedero questo soprannome, che era lo stesso di un giocatore paraguayano della Cremonese, andava bene. Nell’hip hop ci vuole sempre un nome d’arte, oggi però posso farne a meno”.
Cosa ascolta ultimamente?
“Sono tornato ad ascoltare la musica che sentivo quando ero più giovane: musica black, ma anche i classici come Beatles o Rolling Stones. Sono un pigro cronico. Esco poco la sera, preferisco starmene a casa, a Bologna, e magari vedere pochi amici. Una volta, invece, mi piaceva molto frequentare i centri sociali, dove ho imparato ad apprezzare l’hardcore e l’hip hop”.
Come mai questo tour solo nei club?
“Questo tour è stato progettato apposta per i club perché che mi piacciono per l’atmosfera e il contatto tra il pubblico. Ogni sera facciamo un concerto vibrante, divertente. Suoniamo canzoni dall’ultimo disco ma anche dai miei dischi da solista precedenti”.
(05 aprile 2007)
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