NEGRAMARO: L'INTERVISTA
Tra i prestigiosi ospiti di Festivalbar, in scaletta per l'appuntamento di venerdì 15 in piazza Duomo a Milano, i Negramaro hanno finalmente pubblicato il loro nuovo album, "La finestra" (vedi queste news). Noi li abbiamo incontrati, per un'intervista esclusiva. Ecco cosa ci ha raccontato il leader e cantante Giuliano Sangiorgi a proposito dei retroscena che hanno portato alla scrittura dei brani del nuovo album, avvenuta in gran parte negli Stati Uniti, a San Francisco.
Come mai avete deciso di registrare in analogico tutte le tracce dell'album?
"Abbiamo fatto tutto su bobina soprattutto per sottolineare e catturare il nostro approccio spontaneo e immediato alla musica. Avevamo ogni volta a disposizione solo tre possibilità. Così, obbligati a suonare con dei vincoli, cercando sempre di catturare ogni brano come se fosse "buona la prima e via", ci abbiamo dato dentro con il massimo della nostra energia e vitalità. Ne è venuto fuori un disco fatto tutto di pancia, carico di emozioni e buone vibrazioni".
Scaricare emozioni in musica e registrare giocando molto sull'istinto è una vostra prerogativa...
"Già, per me in particolare il processo creativo deve essere il meno cerebrale possibile. Tutta la band vive nella stessa casa quando siamo in Italia. Ci piace immaginarci sempre più come un gruppo di amici, quasi come una comunità di persone, anziché pensare di essere solo un gruppo musicale. E così è stato anche negli Stati Uniti. Vivevamo come una comunità e le idee, le canzoni sono nate di getto: mescolando le nostre esperienze, provando magari sino a tarda notte, dividendo ogni nostra singola esperienza. Per me è un'emozione incredibile scrivere una canzone. Dal vivo invece, quando canto, faccio molta più fatica a ritrovare la stessa intensità che ho provato nel momento in cui scrivevo. Non è un caso che le canzoni dell'ultimo album siano riportate in scaletta così come sono nate".
Vuol dire che preferite lo studio di registrazione alla dimensione live?
"Per niente. Anzi, sul palco ci sentiamo molto a nostro agio. E' la nostra dimensione perfetta. Il problema è che io non riuscirei mai a cantare senza provare emozioni o senza sentire una forza interiore che mi spinge a comunicare qualcosa al pubblico, alla gente che mi sta di fronte. Così, a pelle, trovando molto naturale scrivere, faccio più fatica a dare il meglio dal vivo".
Come è nata la collaborazione con Lorenzo Cherubini, voce in "Cade la pioggia"?
"Di Lorenzo sono sempre stato un fan, sin da quando ero un ragazzino e lui cantava per la Yo Production. Tempo fa ci siamo conosciuti per un concerto a Taranto e abbiamo scoperto di provare stima reciproca. Così, è nata anche la nostra collaborazione. Ora, compatibilmente con i nostri impegni di lavoro, ci piacerebbe averlo anche con noi sul palco dal vivo".
Le nuove canzoni, nonostante siano state registrate in America, hanno un sound fortemente italiano, con un uso contenuto di arrangiamenti elettronici...
"Questo è il nostro stile. Io non saprei cantare in altro modo se non in questo e anche gli altri componenti della band hanno ormai acquisito una propria sicurezza nello scrivere musica. Quello che più ci ha ispirato dell'America è stato comunque il paesaggio. Abitavamo a Corte Madera, vicino a Sausalito e a San Francisco. A pochi chilometri da noi, c'era la prigione di San Quentin, con il suo braccio della morte. Il giardino della nostra casa dava sul retro della Baia. Abbiamo avuto la fortuna di vedere tramonti e albe incredibili".
Come avete vissuto le contraddizioni dell'America?
"Durante il nostro soggiorno abbiamo cercato sempre di mantenere la nostra identità. L'America è un luogo fantastico, affascinante, carico di simboli e miti. Ma è anche facile vedere il rovescio della medaglia. In "Tu ricordati di me" canto proprio una delle cose che meno sopporto degli Stati Uniti e di altri paesi come loro: ossia tutti quei proclami di chi predica una guerra giusta, per portare la pace del mondo. Non ci sarà mai pace con una guerra in corso...".
(13 giugno 2007)
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